Edmondo De Amicis e l’assenzio

Letteratura e Arte

Di Monica Ugoccioni

Edmondo De AmicisEdmondo De Amicis nacque a Oneglia (Imperia) nel 1846. Dopo aver frequentato scuole a Cuneo e liceo a Torino, si iscrisse all’Accademia militare di Modena, convinto che la carriera militare sarebbe stato il suo futuro, in questa Italia incompiuta. Combatté a Custoza nel 1866 col grado di luogotenente, ma la delusione degli eventi si disse fu anche alla base del suo successivo abbandono. Iniziò a scrivere una raccolta di bozzetti, dal titolo La vita militare (1868), il cui successo lo incoraggiò a proseguire sulla strada della scrittura letteraria e del giornalismo, come inviato de «La Nazione» di Firenze.

 

Assunse poi la direzione della rivista L’Italia Militare e vi pubblicò altri suoi scritti. Proprio in veste di inviato della Nazione assistette alla presa di Roma nel 1870. Prolisso e convenzionale, fu piuttosto nella prosa didascalica che riuscì a dare il meglio di sé, ponendo la sua attenzione sulla borghesia e sul popolo (“Cuore”, 1886) e permeando le sue opere di continui spunti morali. Furono proprio questi ingredienti che ne fecero un perfetto esempio di scrittore popolare e pedagogico, un ottimo latore di quel bonario paternalismo tipico della fine del XIX secolo. Possiamo ricordare: “Il romanzo di un maestro” (1890); “La carrozza di tutti” (1899); “Novelle” (1875); “L’idioma gentile” (1905). Infine “Primo Maggio”, romanzo postumo pubblicato da Garzanti nel 1980, su incarico del Comune di Imperia.

La lunga e prolifica attività giornalistica, lo portò ad analizzare con occhio attento e critico la realtà contemporanea avvicinandolo alle idee socialiste (accettò dopo Adua di essere candidato). I suoi viaggi all’estero nelle comunità italiane gli ispireranno in quegli anni di emigrazione il romanzo “Sull’oceano”. Si ricordano anche i suoi reportage di viaggio dedicati alla Spagna (1873), all’Olanda e Londra (1874), al Marocco (1876), a Costantinopoli (1878) e a Parigi (1879). Fu il 17 ottobre 1886, primo giorno di scuola, che l’editore Treves fece uscire nelle librerie “Cuore”, che da subito ebbe grande successo. Edmondo De Amicis fu anche eccellente oratore. Egli non diede alle stampe tutte le sue conferenze e non tutti i suoi discorsi lasciò raccogliere. L’ultima volta che De Amicis parlò in pubblico fu il 20 marzo 1898, per pronunziare l’orazione funebre di Felice Cavallotti a Torino (Cavallotti radicale socialista era stato ucciso in duello da Ferruccio Macola). Eletto deputato nel collegio di Torino rinunziò però all’ufficio, e il Parlamento non udì mai la sua parola. Due giorni prima dell’elezione gli era morta la madre amatissima, e pochi mesi dopo, suicida, il figlio primogenito Furio a cui si era ispirato per “Cuore”. Edmondo De Amicis morìrà a Bordighera nel 1908.

 

Edmondo De Amicis: Ricordi di Parigi

by Edmondo De Amicis (1846-1908)

Formatosi all’Accademia militare di Modena fu sempre forte in lui lo spirito patriottico, che seppe ben utilizzare come elemento di critica nella descrizione di altre città come Parigi.

Affascinato da “quest’immensa rete dorata” seppe darne una descrizione accurata, dapprima cogli occhi storditi di un semplice turista poi con la consapevolezza quasi di un parigino. E’ minuzioso nel descrivere le sue bellezze ed altrettanto nel rilevarne le tentazioni alle quali è impossibile resistere.
Dedica un ampio spazio alla “Esposizione universale”, frastuono di colori, arte, civiltà, soffermandosi sulle figure un pò grottesche di uomini e donne che la riempiono. Uno spettacolo che definisce “degno di ode di Vittor Hugo”. Prosegue con una sorta di glorificazione dello stesso Hugo, uomo “nello stesso tempo dolce e tremendo, fantastico e profondo, insensato e sublime” e del suo incontro.

Parla poi ampiamente di un altro autore, Emilio Zola, soffermandosi sulla sua straordinaria capacità descrittiva, ed ancora del suo incontro grazie al suo caro amico Parodi.
Riprende, infine, la descrizione di una Parigi tanto densa di emozioni da apparire, vivendola di più, come una città svergognata di cui si sente il bisogno di purificarsi. Ma il suo fascino è tale da ritornarla ad apprezzarla ed amarla

“…Un’aria calda e molle, come di teatro, si spande, pregna d’odor di sigari d’Avana, dell’odore acuto dell’assenzio che verdeggia in diecimila bicchieri, delle fragranze che escono dalle botteghe di fiori, di muschio, di vesti profumate, di capigliature femminili; – un odore proprio dei boulevards di Parigi, misto di grand’albergo e d’alcova, – che dà alla testa….”

“…Fate dunque i censori addosso a questo colosso! Strillate contro i suoi operai perchè bevono l’assenzio e cantano in falsetto e hanno la donnina che li aspetta alla porta. Che pedanteria!…”

«Ricordi di Parigi - Edmondo De Amicis»

 

“..e come Parigi ha l’ora dell’assenzio, Torino ha l’ora del vermut, l’ora in cui la sua faccia si colora e il suo sangue circola più rapido e caldo….”

«Le tre capitali - Edmondo De Amicis»

 

"…tutte le deformità intellettuali che corrispondono alle deformità fisiche: menti sbilenche, ingegni gobbi e guerci, geni idropici, fantasie affette d’elefantiasi; giocatori, innamorati, bevitori d’assenzio, atei, fanatici, cinici; gente che s’ammazza a studiare e gente che si finisce nei bagordi…."

«Pagine sparse - Edmondo De Amicis»

 

"Le tre capitali" di Edmondo De Amicis (1898)

Lettura on line: www.archive.org/stream/letrecapitali00amicgoog

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- Pagina 75 – assenzio, Torino ha l’ ora del

 

"Ricordi di Parigi" di Edmondo De Amicis (1880)

Lettura on line: http://www.archive.org/stream/ricordidiparigi01amicgoog

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- Pagina 38: assenzio che verdeggia in diecimila bicchieri, delle

- Pagina 332:– assenzio e cantano in

 

"Pagine sparse" di Edmondo De Amicis (1846-1908)

Lettura on line: http://www.archive.org/stream/paginesparse00amicgoog

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Pagina 335 - bevitori d’assenzio, atei, fanatici, cinici gente

 

"Souvenirs de Paris et de Londres" di Edmondo De Amicis (1846-1908)

Traduzione di: Ricordi di Parigi, e: Ricordi di Londra (1880)

Lettura on line: http://www.archive.org/stream/souvenirsdeparis00deam

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- Pagina 23 - de l’absinthe qui verdoie dans dix mille verres,

- Page 248 - ils boivent l’absinthe et chantent en voix de fausset

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