Alfred Jarry: surrealista “nell’assenzio”

Letteratura e Arte

BIOGRAFIA

Alfred JarryAlfred Jarry (Laval 1873 – Parigi 1907) condusse una vita eccentrica e sregolata, identificandosi in parte con i suoi personaggi, e morì alcolizzato. E’ ricordato soprattutto per la commedia satirica Ubu re (1896) originariamente concepita come spettacolo di marionette, che colpisce la stupidità e la violenza delle convenzioni sociali attraverso la rappresentazione dell’ascesa al potere di un grottesco dittatore.

 

A essa Jarry diede un seguito con Ubu incatenato (1900), dove è ripreso lo stesso personaggio dell’opportunista codardo ma prepotente.
La ricerca espressiva di Jarry si basa su un ardito intreccio di comicità e lirismo e su un gusto della deformazione verbale che ricorda Rabelais e anticipa i surrealisti.
Tra le altre sue opere, in rima o in prosa: I minuti di sabbia. Memoriale (1894), Cesare anticristo (1859), L’amore assoluto (1899), Messalina (1901), Il supermaschio (1902), Gesta e opinioni del dottor Faustroll, patafisico (1911).

Sulla base di quest’ultima opera, gli ammiratori e i discepoli di Jarry vollero addirittura fondare una scienza, la “patafisica”, solo in parte burlesca, definita come la “scienza delle soluzioni immaginarie” e destinata a studiare “le legggi che regolano le eccezioni”.


JARRY E L’ASSENZIO
André Breton, nel suo Manifesto Surrealista (1924), nel fornirci un elenco dei “padri” del surrealismo (Swift, Sade, Baudelaire) sostiene che Alfred Jarry è surrealista “nell’assenzio”.
Come nel caso di Baudelaire tengo subito a precisare che il termine “assenzio” non compare mai nell’opera di Jarry, pertanto tutti i riferimenti all’Herbe sainte (come la definisce rifancendosi anche a una famosa marca di assenzio) vanno ricercati nella sua vita reale attraverso le testimonianze di coloro che lo hanno conosciuto.

Di statura molto bassa (aspetto che lo accomuna a Lautrec), aveva un tono di voce metallico e indossava spesso un mantello e un cappello a cilindro “più alto di lui”.
Viveva a Parigi, in una piccola stanza nei pressi del boulevard Port-Royal, e la scala a chiocciola che portava a casa sua era decorata con impronte di mani insanguinate. La stanza era drappeggiata di velluto nero, era piena di gufi e di oggetti religiosi: Jarry consumava infatti enormi quantità di alcol, assenzio ed etere con intenzioni magiche o sciamaniche.
Tendenzialmente misogino, aveva tuttavia stretto amicizia con Madame Rachilde (moglie di Alfred Valette, direttore del Mercure de France, romanziera e autrice del Marchese de Sade) e partecipava alle serate da lei organizzate in onore degli uomini di lettere tutti i martedì.

Rachilde amava lo sferzante humor di questo giovane fuori dagli schemi, e nella biografia che gli ha dedicato lo descrive come un impulsivo ma anche come un ragazzo delicato, trasformato irrimediabilmente dall’alcol e dall’assenzio:
“Senza la sua terribile passione per l’alcol avrebbe potuto domare la sua natura selvaggia. L’abuso di assenzio lo rendeva tuttavia un pazzo.”
“Jarry iniziava la giornata con due litri di vino bianco, seguiti da tre assenzi a intervalli regolari tra le dieci e mezzogiorno, poi a pranzo innaffiava il pesce o la bistecca con vino rosso e bianco intervallati da altri assenzi. Nel corso del pomeriggio qualche tazza di caffé corretto con brandy o alcolici di cui ho dimenticato il nome, poi, a cena, dopo – va da sè – altri aperitivi, riusciva a bere almeno due bottiglie di un qualunque vino d’annata, buono o cattivo poco importava. Devo dire di non averlo mai visto veramente ubriaco, a parte quando gli ho puntato contro la sua stessa rivoltella, gesto che gli ha fatto passare la sbornia all’istante.”
La bevanda preferita di Jarry (diversamente da Baudelaire, che preferiva il vino) era l’assenzio, che come abbiamo già detto chiamava “l’erbe sainte” o “acqua benedetta”. Odiava l’acqua, e si racconta che quando un giorno qualcuno gliene offrì per scherzo un bicchiere, pensando che fosse un alcolico incolore come la grappa, lo bevve d’un fiato. A quel punto fece una smorfia orribile e non si sentì bene per il resto della giornata.
In quel periodo, a Parigi (ma anche in Svizzera e nel resto dell’Europa), erano già comparse le Leghe antialcolismo, che predicavano (nel vero senso, visto che spesso facevano capo al clero) il pericolo dell’alcol in generale e dell’assenzio in particolare attraverso campagne pubblicitarie particolarmente feroci.

Jarry scriverà a questo proposito che “gli anti-acolisti sono dei poveretti in balia dell’acqua, quel terribile veleno solvente e corrosivo che fra tutte le sostanze è stato scelto per lavare e per pulire. Una goccia d’acqua, aggiunta a un liquido trasparente come l’assenzio, basta a renderlo torbido.”

Tra gli amici absintheurs parigini di Jarry non possiamo dimenticare Oscar Wilde, che ce lo descrive come
“molto attraente. Ha proprio l’aspetto di un grazioso ragazzo di vita”
e Toulouse-Lautrec, che nel 1896 curò la scenografia di Ubu re.
Jarry e Lautrec si erano conosciuti alla Revue Blanche, un giornale anarchico nella cui redazione Jarry si presentava spesso vestito con un turbante rosa e una camicetta da donna. Entrambi bassissimi, entrambi “scandalosi” ed entrambi absintheurs, Jarry e Lautrec andarono subito d’accordo.
D. Sweetman, un biografo di Lautrec, sottolinea come Henri sembrasse destinato a morire per primo, “ma c’era ancora qualcosa da bere… e da ridere, insieme a un altro dannato [Wilde], prima che la malattia e la Fata Verde li reclamassero entrambi.”

Anche A. Gide fa riferimento a Jarry nel suo romanzo I falsari, e precisamente nel capitoloLa cena dell’Argonauta, dove mette in scena un Jarry ubriaco di assenzio, che spara a un uomo in un caffè, episodio realmente accaduto.
Negli ultimi anni l’alcolismo di Jarry peggiorava, e quando non poteva permettersi l’assenzio si consolava con l’etere. In un suo tardo componimento in prosa, Erbrand, il protagonista, vive un inesorabile declino simile a quello di Jarry:
“Beveva da solo e in maniera metodica, senza mai raggiungere uno stato di ubriachezza, e senza alcuna speranza di diventare quello che attualmente è di moda chiamare alcolizzato: le dosi assunte erano troppo abbondanti perché non scorressero sulle sue cellule come un fiume scivola su un letto di sabbia immutabile e indifferente e poi scompare…
E beveva la vera essenza dell’albero della conoscenza a 80 gradi… e si sentiva a casa nel paradiso ritrovato.
Ma presto non potè più bere nell’oscurità, perché per lui non vi era più buio alcuno, e senza dubbio come Adamo prima della caduta…egli riusciva a vedere nell’oscurità…
E spesso restava senza cibo, perché non si può avere tutto in una volta e bere a stomaco vuoto è meglio.”

Ma più che bere a stomaco vuoto, Jarry aveva sostituito l’alcool al cibo, come scrisse a un amico:
“Correva voce… che Père Ubu [ovvero Jarry stesso] bevesse come una spugna. Ma tu sei un vecchio amico, con te posso ammetterlo: avevo perso l’abitudine di mangiare ed era quella la mia unica malattia.”
Stesso concetto verrà nuovamente espresso alla già citata amica Madame Rachilde:
“Dobbiamo correggere la leggenda – Père Ubu, come vengo chiamato, sta morendo non perché beve troppo ma perché non ha abbastanza da mangiare.”
In preda al delirium tremens le disse anche che il cervello avrebbe continuato a funzionare dopo la morte, durante la decomposizione, ed erano i sogni fatti in quella fase a costituire il Paradiso. L’ultima richiesta di Jarry fu uno stuzzicadenti. Glielo portarono appena in tempo ed egli ne fu deliziato, e immediatamente dopo morì.
Dopo la sua morte, la Société des Amis d’Alfred Jarry publicherà il bollettino L’Etoile-Absinthe.

 

Fonti:
- Enciclopedia della letteratura Garzanti.
- Alfred Jarry, Ubu re, Torino, Einaudi, 1988.
- Marie-Claude Delahaye, L’absinthe, Muse des poètes, Musée de l’Absinthe, 2000.
- Phil Baker, Il libro dell’assenzio, Roma, Voland, 2007.

 



UBU: Prima di tutto riformerò la giustizia, poi ci occuperemo delle finanze.
MAGISTRATI: Noi ci opponiamo a ogni cambiamento.
UBU: Merdre. Per prima cosa i magistrati non saranno più pagati.
MAGISTRATI: Di cosa vivremo? Siamo poveri, noi.
UBU: Intascherete le multe che farete pagare e i beni dei condannati a morte.
UN MAGISTRATO: Orrore.
SECONDO: Infamia.
TERZO: Scandalo.
QUARTO: Vergogna.
TUTTI: Ci rifiutiamo di giudicare in simili condizioni.
UBU: Nella botola i magistrati!

(A. Jarry, Ubu Re, Atto III, sc. ii)

Eros
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