Da "Maison Pernod Fils à Pontarlier (Doubs)”, E. Dentu (Editore),1896.
L’azienda di Pernod and Fils (Pernod e Figli) è legata così intimamente con le origini e i progressi dell’industria dell’assenzio che è impossibile separare o distinguere la storia di uno da quella dell’altra.
Le origini dell’assenzio sono così il obbligatorio preambolo alla storia dell’azienda di Pernod & Fils che noi proponiamo di narrare in queste pagine. Nonostante il nome “Svizzero” viene spesso attribuito all’assenzio, il famoso liquore è di origine francese. Alla fine dell’ultimo secolo un dottore francese, il Dott. Ordinaire, esiliato in Svizzera scelse Couvet come teatro della sua attività medica.
Non possiamo resistere al desiderio di riproporre il suo ritratto descritto da un scrittore svizzero. Era, apparentemente, un eccentrico, di grande altezza, che cavalcava attraverso la Val de Travers su un piccolo cavallo corsaro, conosciuto nella zona come il Razzo. Il suo aspetto insolito non tardò a sorprendere le persone dei villaggi; era vittima di molti scherzi e continuava a crear stupore fra i bambini. Ordinaire non sembrò curarsi di tutto questo; la serietà del suo carattere non fu colpita. Era un dottore di talento per il suo tempo, e fece un buon lavoro portando l’arte medica in Val de Travers. Unì alla pratica della medicina quella della farmacologia;così fece la maggioranza dei medici della sua regione. Il sig. Ordinaire non disprezzò le panacee, ne utilizzò una in particolare, l’elisir di assenzio, un composto di piante aromatiche delle quali solamente lui conosceva il segreto. Molte persone, dopo averne fatto uso, si dichiararono completamente guarite ed il dottore non poteva far altro che esserne lieto e prescrivere il suo uso.
Il dott. Ordinaire sarebbe stato davvero meravigliato se qualcuno gli avesse predetto l’elevato destino al quale sarebbe andato incontro il suo elisir. Alla sua morte la misteriosa ricetta passò nelle mani delle giovani signore Henriod di Couvet. Coltivando loro stesse le erbe necessarie nel loro giardino, iniziarono a distillarlo nella casa di famiglia. La produzione dell’elisir a quei tempi ammontava solamente ad alcune pentole che venivano vendute con molta difficoltà.
A poco a poco grazie al suo profumo e al gusto piacevole, l’elisir attirò l’attenzione non solo dell’ammalato, ma anche quella di un numero sempre crescente di ammiratori, così che la ricetta già aveva acquisito un certo valore monetario quando il Sig. Henri-Luigi Pernod l’acquisto per sfruttarla commercialmente. Era il 1797. Fu a quei tempi che venne costruita la prima distilleria di assenzio.
Lo stabilimento fu creato condizioni estremamente modeste, anche per Couvet sotto; l’edificio dove nacque l’azienda esiste ancora; misura otto metri in lungo e quattro metri in larghezza per quattro metri di altezza. Successivamente allargata, la fabbrica non impiegò molto nel divenire troppo piccola e, nel 1805, il Sig. Pernod non in grado di soddisfare la richiesta dei clienti francesi che accolsero il suo prodotto come un generoso beneficio, fissò Pontarlier come luogo per evitare le consistenti tasse imposte dal reparto di tassa sull’Assenzio svizzero. Abbiamo prima dato un’occhiata al contratto in cui si legge che dal 25 del quinto mese del ‘13 (calendario di Repubblicano francese) il signore Benoit-Hilaire Courbe affitta alla Pernod & fils per il prezzo di 180 franchi all’anno, un’ubicazione sulla strada principale di Pontarlier designata a diventar sede, per lo stabilimento di una fabbrica di acqua verde. Questa piccola distilleria non avrebbe potuto prevedere che sarebbe diventata lo splendido stabilimento che oggi sorge sulle rive del Doubs: due piccoli apparati che producevano 16 litri al giorno ciascuno.
Quando il sig. Louis Pernod, ancora oggi uno dei dirigenti dell’azienda, e suo fratello, Fritz sfortunatamente defunto (il 17 marzo 1880), prese la direzione degli affari in assenza di loro padre che avevano perso in tenera età, l’azienda era già su una buona strada, perché la produzione quotidiana era giunta a 450 litri. Da quella data a cui ci riferiamo, ovvero dal 1885, la produzione è aumentata enormemente.
A cosa possiamo attribuire questa prosperità stupefacente, questo sviluppo continuo che solamente un piccolo numero di aziende può vantare? Piuttosto semplicemente: all’intenzione ferma dei capi della Pernod di offrire un prodotto sempre superiore, non cedendo mai alla tentazione di realizzare grandi profitti acquistando materie prime economiche di scarsa qualità. Questa tentazione venne loro offerta in una forma particolarmente seducente quando i vigneti francesi del Sud, devastati dalla muffa polverizzata e più tardi da phylloxera, non potevano più soddisfare la richiesta, se non a prezzi esorbitanti, di alcool distillato da vino che sta alla base del liquore d’assenzio. In seguito sembrò piuttosto naturale sostituire l’alcool di vino con alcool di bietole, grano, e patate; questo è quello che venne fatto da molti distillatori che, notando l’interesse del pubblico nei confronti del prodotto di Casa Pernod, aveva installato quasi dappertutto fabbriche di assenzio. Grazie ad una felice scelta, i signori Pernod decisero di rimanere fedeli all’alcool di vino; questa decisione fece la fortuna della loro azienda; la qualità più alta del loro prodotto,confermata dalla preferenza dei consumatori, è primariamente dovuta all’uso esclusivo di alcol fatto da distillazione di vino; non solo questo alcool dona all’assenzio dei Pernod il sapore eccellente che lo distingue, ma lo rende una bibita inoffensiva da un punto di vista salutare, poiché preclude i consumatori dagli effetti morbosi dei cattivi alcoli.
Avremo occasione per spiegarci di gran lunga meglio a riguardo. A prescindere da questo elemento essenziale del successo della marca Pernod ne esistono altri che hanno la loro importanza. Vogliamo parlare dei procedimenti di produzione che il sig. Pernod non ha mai cessato di migliorare, spendendo ogni sforzo nella ricerca di attrezzatura capace di offrire i migliori risultati; vogliamo parlare anche dell’onestà proverbiale che sempre ha governato il mestiere di Casa Pernod, offrendola ai molti amici, clienti e venditori.
Queste tradizioni furono rispettate e seguite religiosamente dal sig. Velo-Picardy al quale il sig. Pernod fece lievitare gli affari nel quali egli rimase come un partner silenzioso per condividere un significativo guadagno. Non è futile aggiungere che il direttore generale dell’azienda continuò a seguire con una sollecitudine piuttosto naturale le operazioni che dirigeva da così molti anni; in particolare, era sempre lui in persona che trattò per l’acquisto di materie prime e non un solo carro di alcool né una balla di erbe o semi entrò in magazzino a meno che il sig. Pernod ne avesse approvato il campione esaminato. Inoltre, il sig. Viel-Picardy ha scelto di servirsi come capi dei servizi tecnici e commerciali, i collaboratori che assistito il sig. Pernod per anni e che, con una lunga esperienza alle spalle, continuassero ad essere inspirati dal suo esempio e dai suoi precetti.
Prima di descrivere l’azienda Pernod & Fils, riconosciuta dagli esperti come uno stabilimento modello, alcune parole sui processi di fabbricazione impiegati.
Si comincia a macerare, in alcool distillato dal vino, l’assenzio maggiore, la melissa con il suo aroma delicato, il finocchio di Gard, e l’ anice di Tarn o dell’ Andalusia . Dopo questa macerazione viene la distillazione che è fatta in una duplice caldaia scaldata da vapore. Questo processo è più lento della distillazione da vapore diretto, ma preferibile in quanto evita di bruciare e non permette agli oli pesanti passare con l’alcool reso saturo dai principi aromatici delle piante. Parte del prodotto della distillazione viene fatto passare successivamente in un apparato speciale chiamato coloratore, con issopo e assenzio gentile al fine di ottenere un prodotto concentrato che viene usato per colorare l’assenzio.
Ci permetta di studiare ogni materia prima usata in questo processo. L’assenzio maggiore -” il wormwood o artemisia amara”, abbiamo letto nel lavoro del Dott. Lehameau intitolato “Piante, Rimedi e Malattie,” cresce pressoché in tutti i paesi; il clima asciutto, il terreno arido, roccioso,le elevate altitudini, montuose e fredde sono i luoghi dove normalmente viene trovato. Una pianta erbacea e vigorosa, l’assenzio maggiore ha un piuttosto gambo forte, eretto, duro, rigido e scanalato, di grigio cenerino, ripieno con midollo bianco, arriva fino a 70 a 80 centimetri ed anche un metro in altezza. (Nel 1894 una grande pianta di assenzio maggiore raccolta sulla proprietà della fabbrica di Pernod misurava 1,8 metri in altezza). Le foglie alternate, decisamente sagomate, sono piuttosto grandi, grigio-verdi ed argentate sulla cima, sotto sono più bianche con effetto seta. I fiori sono numerosi, simili a piccoli globi, gialli, e sistemati in piccoli gruppi; la radice è legnosa, colorata, e attorcigliata. L’odore dell’assenzio maggiore è molto forte e non viene perso nel procedimento di essiccazione, specialmente quando viene fatto essiccare attentamente; il suo sapore è terribilmente amaro e penetrante.
Le virtù toniche, stimolanti, vermifughe e diuretiche, dell’assenzio maggiore sono conosciute da molto tempo e l ‘hanno reso di grande utilità in medicina e nelle arti veterinarie. Forse potrebbe essere classificato come una delle nostre piante non autoctone più preziose, capace in molti casi di sostituire chinina. Per completare queste informazioni permetteteci di aggiungere che l’assenzio maggiore e l’assenzio gentile sono le due varietà più comunemente coltivate.
L’assenzio maggiore è seminato in primavera; e viene trapiantato in autunno; l’assenzio gentile viene ripiantato a partire da fusti di altre piante: i semi non giungono alla maturità nel nostro clima. Si piantano questi fusti tagliati in autunno in terreno ben arato. Dopo di che l’assenzio non richiede altro se non qualche zappatura. Si raccolgono le foglie e gambi a luglio poco prima della completa maturazione dei fiori; si tagliano i gambi nei primi centimetri a partire dal terreno. L’azienda Pernod prima usava assenzio maggiore coltivato nelle montagne del Jura svizzero; oggi l’uso di tale pianta nella distilleria è tale da aver fatto aumentare considerevolmente nei dintorni immediati di Pontarlier la sua coltivazione, dove costituisce una fonte significativa di reddito per i coltivatori. La distilleria si è assicurata così, nonostante l’enorme sviluppo della sua produzione, di essere sempre in grado di trovare erbe di assenzio di prima qualità.
Melissa – Conosciamo le straordinarie proprietà anti-nervose di questa pianta che viene usata con successo contro emicrania, languori e debolezze di stomaco, spasmi e convulsioni.Finocchio – la coltivazione di finocchio è molto estesa in Italia e nel Sud della Francia; il finocchio di Gard gode di una grande reputazione; è quello utilizzato nella distilleria dei Pernod. Questo seme è uno dei quattro grandi semi caldi; è molto digestivo e combatte le febbri da infezioni; rinforza anche le difese dello stomaco e favorisce la digestione.
Anice – i semi d’anice vengono largamente utilizzati nella preparazione di distillati,in profumeria, in pasticceria e in farmacologia ed è generalmente fonte delle stesse qualità del finocchio . Le migliori fonti di anice sono il Tarn ed l’Andalusia; sono quelle regioni che riforniscono la distilleria Pernod.
Issopo – questa pianta cresce spontaneamente nel Sud della Francia dove è molto comune; è coltivato con successo nel nord; viene anche molto usato in medicina, specialmente come un espettorante in condizioni polmonari.
Ci permetta di offrire una digressione corta sugli effetti dannosi attribuiti all’assenzio. Siamo quasi dappertutto consapevoli della campagna contro alcolismo; per ammissione l’obiettivo è eccellente ed si può solamente applaudire agli sforzi di coloro che cercano di guarire l’umanità da questa orrenda malattia. Detto questo, abbiamo delle riserve circa i loro metodi che non possono essere tutti approvati; e con una causa davvero lodevole, loro hanno i loro zelatori che, dalle loro manifeste esagerazioni, si compromettono agli occhi delle persone ragionevoli.
L’uso moderato di alcool è condannato così come l’abuso, loro vogliono imporre la completa astinenza, ed anche, trovando l’azione morale insufficiente e troppo lenta, richiedono misure forzate per realizzare la rimozione completa della produzione e vendita di alcool, con disprezzo per la libertà di commercio ed industria.
È principalmente l’assenzio l’obiettivo dei loro sforzi; è su di lui che fanno ricadere tutte le loro accuse generali, proclamandolo come causa di tutti i mali che affliggono l’ umanità. Oltre al biasimo che loro schiaffeggiano anche alle altre bibite alcoliche, l’assenzio, se lei crede a certe caratteristiche da loro menzionate, è colpevole di crimini speciali per i quali creano colonne speciali nei giornali; solo per le piante che lo compongono, apparentemente costituisce un vero veleno e, in appoggio di queste asserzioni, enunciano strane ricette contenenti ogni sorta di ingrediente le quali hanno solamente un errore:non si riferiscono assolutamente alla produzione di assenzio, almeno come è praticato nella distilleria Pernod Fils.
Anche se lodabili gli obiettivi dei detrattori dell’assenzio, non li autorizzano a camuffare la verità e rappresentare la bevanda come il prodotto di una chimica malevola, quando al contrario i suoi componenti sono piante oneste, tutte ben conosciute, le cui proprietà che dà beneficio sono ammesse universalmente . Come si poteva produrre effetti dannosi con l’unione di queste piante inoffensive o salutari? È che, gli avversari del liquore verde dimenticano di spiegare, questo è il tipico caso in cui la passione devia la ragione.
Dobbiamo ammettere che sono gli scienziati che in ogni modo vogliono trovare proprietà tossiche a diverse erbe usate per l’assenzio; i loro rapporti sollevarono un gran polverone alcuni anni fa e l’Accademia di Medicina rispose con un gran tumulto alle loro dichiarazioni. Perché, come ai tempi di Moliere, i dottori raramente sono della stessa opinione, i sostenitori del famoso liquore non possono che essere rassicurati dal sorprendente dissenso fra le opinioni di questi signori. Mentre alcuni, come risultato di esperimenti completamente conclusivi (secondo la loro opinione), dimostrano essere l’anice e il finocchio la causa dei disturbi cerebrali notata nei bevitori, mentre assolvono l’assenzio maggiore, altri, sempre da esperimenti completamente come conclusivo, accusano al contrario quest’ultimo come unico colpevole e ridonano all’ anice e al finocchio la loro innocenza iniziale.
Chi ha ragione? Chi ha torto? Questo è quello che le persone vogliono sapere ed è improbabile che queste differenze fondamentali inspirino grande fiducia nelle dichiarazioni di uno o dell’altro.
Alla fine, il modo in cui vengono condotti i famosi esperimenti e le conclusioni a cui si giunge sono tali da non poter assolutamente considerarli seriamente. In effetti, come si possono provare le proprietà tossiche dell’ essenza di anice o dell’ essenza di assenzio maggiore? Si inietta in un porcellino d’india, intendo con iniezioni sottocutanee, un grammo di essenza; l’animale viene trovato sotto pressione; qualche volta muore poco dopo l’operazione; la dimostrazione è bella che fatta e tutti devono essere convinti che l’ anice, o l’assenzio maggiore siano un veleno pericoloso. Prima di giurare vera la parola dei Maestri, sarebbe saggio ritornare di nuovo sul valore ovvio dell’esperimento dal punto di vista della solita tesi ; sarà facile arrivare al ragionamento seguente: si ammetterà che un uomo il cui peso è cento volte più grande di quello di una cavia, offre una forza di resistenza di cento volte superiore; un grammo di essenza iniettato in un porcellino d’India equivarrebbe a 100 grammi per un uomo; non ci sarebbe da meravigliarsi se l’iniezione improvvisa di 100 grammi di essenza in un corpo umano abbia come conseguenza disturbi seri e o addirittura la morte. Secondo calcoli molto precisi, un litro di assenzio contiene al massimo 3-1/2 grammi di essenze di anice e finocchio; l’iniezione di 100 grammi sarebbe così equivalente all’assorbimento di 28 litri; lo stesso vale per essenza di assenzio maggiore che è contenuta al massimo nella quantità di 15 centigrammi in un litro di liquore; per assorbirne 100 grammi, se ne dovrebbero bere così bere 660 litri!
Da un litro di assenzio, di solito si ricavano 25 bicchieri; in ogni bicchiere ci sono quindi approssimativamente 13 centigrammi delle varie essenze e 6 milligrammi di essenza di assenzio maggiore. Anche supponendo vere le proprietà dannose mostrate, le quali non sono vere, è difficile ammettere che queste quantità infinitesimali, espulse rapidamente dal corpo, possono esercitare un’azione dannosa sul sistema cerebrale. Il consumatore dell’assenzio Pernod Fils corre certamente meno rischi di uno che ingurgita cognac,l’ eccellente champagne e gli altri liquori fabbricati con alcool di cattiva qualità Non è difficile opporsi alle esagerazioni dei detrattori dell’assenzio con le opinioni ragionevoli espresse da molti scienziati. Permetteteci di citarne alcune:
Il Dott. F. – J Cazin, nel suo trattato pratico e ragionato sulle piante medicinali (Parigi 1886), dice, parlando dell’assenzio maggiore” in quantità moderate, eccita lo stomaco, stimola l’appetito, facilita la digestione e favorisce il sistema circolatorio e le funzioni secretali.” Abbiamo letto nel Nuovo Dizionario delle piante medicinali del Dott. A. Heraud (Parigi 1875. J. – B. Baihière e Figlio, 19 Strada di Hautefeuille): “Se si tiene conto delle quantità minime di alcool ed essenze che contiene l’assenzio, si nota che consumandone uno o due al giorno può avere solo una leggera influenza sul bevitore. Si potrebbe dire lo stesso dell’abuso di vino, birra, sidro e le altre bevande classificate come sane. MM. Dujardin-Beaumetz ed E. Egasse, nel loro trattato sull’indigeno e sulle piante medicinali ed esotiche (Parigi 1889. Doin, redattore), dopo avere indicato le proporzioni di alcool ed essenze contenute in un bicchiere di assenzio ordinario, aggiungono” si vede che la proporzione di essenza è molto bassa, ed è adatta per incriminare allo stesso modo tutti gli alcolici, specialmente quando contengo pentanolo, come nel caso dei liquori di qualità inferiore Il cattivo alcool, quello è il nemico! Non c’è bisogno di dilungarsi oltre.
È stato dimostrato dal Sig. Emmanuel Alglave al congresso internazionale di igiene che ebbe luogo a Budapest nel settembre 1894, la causa dell’ alcolismo si trova molto più nella cattiva qualità dell’alcool piuttosto che nella quantità di alcool assunta. Effettivamente,i liquori derivati da alcool industriale contengono, oltre all’etanolo puro, il pentanolo, il butilico e il metanolo, ecc. È importante distinguere etanolo puro dagli altri, particolarmente il pentanolo perché c’è differenza sostanziale tra i loro effetti. Effettivamente etanolo puro, bollendo a 79° , praticamente evapora dai polmoni appena ingerito; attraversa solamente,per così dire, il corpo; “l’alcool di patate”, al contrario arriva a 140° , così che alla temperatura del corpo umano, non evapora quasi mai. Una volta introdotto nel corpo, rimane là ed si accumula, all’ammontare quotidiano aggiunto a quello del giorno prima e a quello di due giorni prima, esattamente come quella quantità si aggiunge a quella ingerita precedentemente. Non importa quanto piccola sia la quantità presa ogni giorno, il corpo finisce per accumularne un quantitativo considerevole di questo alcool tossico. (Il Time del 21 settembre 1894. )
Quelli sono gli effetti poco salutari di alcool di scarsa qualità, specialmente le essenze dell’amido contenute in tutta la patata, grano, ed alcol di barbabietola che sono assenti negli spiriti distillati dal vino come quelli usati esclusivamente nell’azienda Pernod Fils.
Per riassumere questo capitolo possiamo così sostenere senza azzardo le seguenti affermazioni: Se l’assenzio è distillato attentamente, costituisce una bevanda tonica e rinfrescante; il suo abuso può divenire un problema, perché contiene molto alcool, ma le persone che fanno un uso moderato di questa bevanda rappresentano la prova dei suoi benevoli effetti. L’assenzio fatto dai certi distillatori è una semplice mistura, preparata a freddo, usando diversi tipi di alcool duplicato ed essenze,e l’intera colorazione è frutto di additivi chimici. Poiché questi fabbricanti puntano specialmente a mercati economici, ci si può facilmente tenere alla larga da questi intrugli! Il minor pericolo che loro presentano è la saturazione disomogenea delle essenze nell’alcool; quelle, essendo più volatili separate dall’alcol salgono in superficie rendendola eccessivamente satura.
Quando l’assenzio è preparato partendo da alcool distillato dal vino e tramite una macerazione di piante nell’alcool seguita da una distillazione metodica, il prodotto ottenuto è sano e tonico. Questo capitolo fu scritto quando fummo informati della discussione che ha avuto luogo su nella Casa dei Comuni a maggio e a giugno 1895 riguardo al progetto presentato dal Governo sulla riforma della tassazione di bevande . Riguardava una riduzione delle tasse sulle bevande dichiarate salutari – il vino, birra, sidro perry, ecc per accollare tutto il carico di tassazione dell’alcool su quello che può essere giustificabilmente chiamato “l’animale da soma” del dipartimento delle tasse. Per giustificare questo provvedimento, dipinsero un quadro molto scuro delle devastazioni dell’alcolismo. Forse per fare un’impressione più acuta sui nostri legislatori ed ottenere più facilmente da loro l’enorme tassazione applicata all’ alcool, dovevano sparare tutte quelle esagerazioni. Si dice, lo sappiamo dalle informazioni raccolte in quell’occasione dagli uomini più qualificati, che alcolismo fosse, per così dire, ignoto in Francia fino a quando si consumavano solamente brandy prodotti naturalmente, fatti da distillazione di vino e succhi di frutta.
Questo fu notato, fra altri, dal Dott. Lannelongue che si offrì alla camera sulla questione dell’alcolismo, e che produsse per il tribunale i risultati delle sue osservazioni unite a quelle delle autorità scientifiche più alte, prima del 1850 non conoscevamo l’ alcolismo in Francia, o piuttosto conoscevamo un alcolismo diverso da quello che è oggi; l’alcolismo cronico non era frequente; i casi osservati nei manicomi non erano numerosi; per riassumere, il Sig. Lannelongue dichiarò, a quei tempi,che alcolismo non presentava nessun problema, né per società né per la famiglia, né per la razza umana. È dalla comparsa dell’ alcool industriale fatto da distillazione di grani, barbabietole, patate, e melasse che è nato alcolismo e cresce con velocità stupefacente, portandosi dietro un aumento della criminalità, delle malattie mentali, e suicidi. Tale è la tesi sostenuta dal Sig. Lannelongue e da molti oratori appartenenti a gruppi estremamente diversi alla Camera, senza che le tesi dette siano contraddette seriamente da qualcuno .
Il lavoro di medici e chimici ha rivelato l’esistenza di etanolo e di una serie intera di altri alcoli che hanno composizioni molecolari diverse e punto d’ebollizione più alto; ecco perché diedero il nome “alcoli più alti” , che favorisce certe ambiguità, da quando è provato che sono precisamente questi alcoli ad avere effetti specialmente dannosi all’organismo umano. Senza dichiarare che gli spiriti distillati dal vino, etanolo puro, siano completamente innocenti e possano essere adoperati male con impunità, che sarebbe un’assurdità, abbiamo diritto ad essere d’accordo, insieme a scienziati come Dujardin-Beaumetz ed Audige che i loro effetti non possono essere comparati con quelli di alcoli industriali.
Il Dott. Lannelongue, dopo avere dichiarato che loro non sono stati in grado scoprire il principio dannoso nell’etanolo, cercò di determinare la dose alla quale questo alcool diviene dannoso ad uomo. Egli valuta che un adulto può consumarne 120 grammi con impunità che corrisponde ad pprossimativamente un litro di vino a 8 gradi al giorno o ad otto piccoli bicchieri di Armagnac a 50 gradi.
Lo scienziato/medico ha combattuto le dichiarazioni di certi scrittori che accusano che gli spiriti distillati dal vino contengano elementi pericolosi quanto quelli che notoriamente esistenti negli alcoli industriali. citò in quell’occasione l’opinione di Lancereau che afferma che ” brandy e vino casalingo non sono più pericolosi del vino”; quella di Laborde che sostiene che il ” brandy da vino si tollera bene perché possiede il minimo potere tossico”; e finalmente quello di Girard che dà un assenso dicendo quel” brandy da vino è innocuo in moderate quantità.”
Per riempire il buco scavato nel bilancio dalla riduzione delle tasse sulle bevande note come sane, la soprattassa sull’alcool non servirebbe, loro si immaginavano una tassa speciale sugli spiriti, l’assenzio in particolare, naturalmente con molta insistenza sui pericoli alla salute pubblica dall’abuso di quella bibita. Ma negli anatemi che certi oratori hanno lanciato con gioia contro l’assenzio, noi non trovammo mai nemmeno una cosa per celare le conclusioni alle quali arrivammo dopo un esame calmo e ragionato della domanda; non incontrammo nessuna argomentazione capace convincerci degli effetti tossici delle essenze contenute in un assenzio ben fatto, preso nelle dosi che noi indicammo e che sono precise. Uno si ribellò con veemenza contro i vergognosi prodotti venduti troppo spesso per il consumo sotto il nome dell’assenzio: venne alla luce il fatto che molti si fanno questi prodotti da soli mescolando a freddo un alcool industriale non rettificato con essenze dando vita a dei veri veleni, così che il consumatore soffre di un avvelenamento duplice dal cattivo alcool e dalle essenze.
Tutte le persone decenti condivideranno l’indignazione sollevata dalle rivelazioni fatte alla Casa dei Comuni riguardo agli intrighi di questi colpevoli; ognuno applaudirà alle misure severe che il Governo ha deciso di prendere per assicurare un controllo igienico sulle bevande e mettere freno avvelenamento sistematico del consumatore francese. Ma è necessario assicurarsi di non confondere i prodotti di un’industria infame con l’assenzio come viene distillato attentamente nella fabbrica Pernod fils, mentre usando spiriti distillati da eletto di vini da fra il meglio di Languedoc e Roussillon, e piante aromatiche della migliore qualità. C’è tra loro la stessa differenza che troviamo fra il vino fatto da acini d’uva freschi, puro succo della vite e la bevanda degenerata fatta sotto il nome di vino in certi magazzini ad uso della popolazione Parigina.
Ci permetta di fare un giro turistico in questa importante azienda. L’edificio principale misura 88 metri di lunghezza e 20 metri di ampiezza. Davanti e dietro troviamo larghe stanze che coprono più di 2000 metri quadrati con lo scopo di ricevere e far partire la merce; sono dotati di piani per caricare e binari che collegano la fabbrica alla stazione. Due vasti depositi, uno ad est e l’altro ad ovest degli edifici principali, con l’ingresso nella stessa direzione, sono utilizzati, uno per le materie prime e provvedimenti che richiedono lavorazione, e l’altro per beni imballati per la spedizione; gli occhi brillano di piacere a guardare le prospettive enormi formate dalle accumulo regolare di bottiglie, fasci di erbe e semi, casse preparate ad essere riempite con ordini.
Spaziose, solide cantine a volta occupano il pavimento sotto gli edifici. La struttura centrale che è occupata dalla distilleria si sviluppa al pianterreno in una sola stanza 22 metri per 20, alta 4,5metri; il soffitto è sostenuto da traverse di ferro forti sorrette da quattro colonne di ghisa. Il visitatore resta affascinato dall’aspetto maestoso di questa sezione, dove 26 grandi alambicchi e 22 coloratori capaci di produrre 20.000 litri di assenzio al giorno sono sistemati simmetricamente. Due generatori di vapore alimentano la distilleria; un terzo alimenta la turbina che è messa in movimento dal Doubs (il fiume), nel caso servissero delle riparazioni alla turbina o quando l’acqua è insolitamente bassa. La forza nominale di questi tre generatori è 250 cavalli vapore. Sul piano sopra la distilleria c’è la dispensa dove le piante e i semi vengono pesati; usando una carrozza coperta da una copertina di stoffa e viaggiando su sbarre, vengono distribuiti facilmente all’attrezzatura. Sulla destra e sulla sinistra lati della dispensa ci sono i depositi di anice e finocchio.
Come abbiamo detto, la distillazione è fatta usando una doppia caldaia scaldata a vapore. Negli gli anni molte modifiche sono state fatte all’attrezzatura per distillare; queste perfezioni, ora complete, rendono possibile distillare sotto le migliori condizioni. Tutte queste caratteristiche di produzione della fabbrica Pernod sono esaminate attentamente; è questa cura a tempo pieno, insieme alla selezione scrupolosa di materie prime che portano fama in continua crescita ai suoi prodotti in Francia ed all’estero. La pulizia più severa, l’ ordine più perfetto regnano dappertutto e quando di sera gli enormi alambicchi di rame risplendono sotto i raggi dell’illuminazione elettrica, l’effetto è veramente magnifico.
Se, dopo avere visitato la distilleria, andiamo a destra o a sinistra, entriamo in due grandi stanze ben illuminate, dove il clamore contrasta col laboratorio calmo dove sono sufficienti due operai per esaminare la distillazione e controllare l’attrezzatura. Queste sono le officine dove si preparano ed inviano le bottiglie. Le macchine di risciacquatura, manovrate da otto operai, fanno girare le bottiglie tra spazzole fisse, sotto getti di acqua calda; vengono fuori perfettamente pulite, vengono fatte sgocciolare su intelaiature rotanti e passano poi alle macchine che le riempiono ad una velocità di 20 al minuto; questa macchina, una piccola meraviglia, è speciale all’azienda Pernod; è il lavoro del direttore tecnico, il Sig. Arthur Borel che con cura meticolosa si occupa del miglioramento dell’attrezzatura. Le bottiglie piene da là vanno ai tappa bottiglie che devono solamente metterle sotto le loro macchine le quali, guidate da un meccanismo ingegnoso, inseriscono automaticamente il tappo. Le bottiglie passano poi nelle mani degli addetti all’etichettatura che attaccano le etichette diventate appiccicaticce sui cilindri di gomma di un apparato speciale; poi le bottiglie vengono coperte con un lamina di latta che ne avvolge il collo, e vengono depositate in casse fissate su un triciclo che le conduce al luogo dove saranno sistemate a migliaia, sigillate, incartate, e messe in telaio di paglia e poi nelle scatole; queste passano alle macchine per inchiodare le quali, con un sol colpo, inchiodano un lato intero della cassa, senza far rumore e senza farle sballottare; queste macchine riescono così ad inchiodare da centocinquanta a duecento casse all’ ora; due sono sufficienti per soddisfare le necessità della fabbrica.
Accanto alle macchine per inchiodare che sono di origine americana possiamo ammirare una macchina che marchia i tappi, prepara 5,000 tappi all’ ora, senza richiedere alcuna attenzione se non quella di riempire il raccoglitore che l’alimenta di volta in volta. Le casse inchiodate sono disposte nelle sale enormi delle quali abbiamo parlato prima, là vengono marchiate, manovrate, e caricate sopra i carri che li attendono all’uscita. Un centinaio di casse da 12 bottiglie possono essere così finite nello in un’ora ed il numero potrebbe essere aumentato se non fosse per il fatto che questo renderebbe necessario allargare gli edifici. Dalla zona dove si maneggiano le bottiglie, scendiamo nelle cantine dove sorprese nuove ci attendono.
Sotto queste volte sonore sono allineate in una prospettiva immensa i 230 barili che contengono in tutto milioni di litri di assenzio fabbricato; 19 grandi barili di acciaio contengono nelle loro pance un centinaio di milioni di litri di alcool di vino. Pompe potenti fanno i trasferimenti, accumulando in una stanza di deposito l’alcool necessario per distillare o riempire i barili di preparazione della bottiglia; campane elettriche, tubi acustici e fischi emettono comandi alla velocità del pensiero ed il maneggio enorme necessario a trasportare quantità così considerevoli di liquidi è fatto, per così dire, senza rendersene conto, da solo quattro operai.
La temperatura delle cantine è mantenuta ad un livello costante durante l’inverno da tubi di vapore con alette di dispersione. Dalle cantine saliamo all’officina dove si preparano barili e damigiane; entrambi vengono coperti con abete e imbottiti di paglia per evitare il più possibile incidenti sul percorso; piombi e sigilli di cera, col marchio della casa li proteggono da possibili furti durante il trasporto.
Ogni transito tra le officine, i piani di caricamento e i depositi vengono portati a termine usando le piccole ferrovie di Decauville; il lavoro di manuale è ridotto al minimo; perciò l’impressione con la quale si esce dopo avere visitato la fabbrica è meraviglia su come così poco personale possa fare così molte cose. Ad ogni modo, lo stabilimento impiega centosettanta lavoratori, incluse ottanta donne non contando i costruttori di botti e i lavoratori del legno che lavorano fuori. Da quando le casse sono state acquistate da un fornitore esclusivamente occupato nella loro fabbricazione, c’è stata un’officina dipendente sulla fabbrica; là attrezzi sofisticati livellano il legno, lo tagliano della giusta misura, creano l’incastro a coda di rondine, preparano i coperchi, inchiodano i fondi, ecc; questa officina impiega 30 lavoratori che consegnano cento casse all’ ora; è allestita in un edificio usato precedentemente come cartiera ed stimola interesse in tutti i visitatori alla fabbrica Pernod.
La forza aziona le pompe; le macchine per sciacquare le bottiglie, tapparle, etichettarle e quella per inchiodare, gli elevatori; le macchine di dinamo elettrica, in una parola gli attrezzi complessi dello stabilimento, sono alimentati da una turbina di 150 cavalli vapore e da un motore di vapore di 25 cavalli vapore. Ai nostri giorni la richiesta di lavoro interessa tutti. Quando si arriva ad un livello industriale, non si è più soddisfatti di essere informati sulla qualità dei propri prodotti, sui processi che li fabbricano, sulla natura di propria attrezzatura. Si vuole sapere come i lavoratori sono trattati; questo interesse non mente solo al personale di servizio civile caricato dal governo con l’applicazione delle recenti leggi per la protezione delle persone assunte nelle fabbriche; è esistito per molto tempo fra le numerose libere associazioni che sono dedicate allo studio di problemi sociali ed indagando i mezzi per risolverli pacatamente ed equamente, e per molto tempo di fronte a quel problema fra certi proprietari e capi di industria ci si è preoccupati degli interessi materiali e morali dei loro lavoratori.
I capi dell’azienda Pernod fils non aspettarono per manifestare i sentimenti benevoli che li animano con riguardo al loro personale l’esplosione di comprensione che è accaduta questi ultimi anni per le classi operaie. Effettivamente, il Sig. Bernard Lavergne, senatore di Tarn nel suo libro L’Evoluzione Sociale pubblicato nel 1893, notò, nel parlare dell’azienda Pernod fils che la comprensione per l’operaio è tradizionale in quello stabilimento. Questa comprensione fu dimostrata nel 1871 da un importante fatto nella storia dell’azienda Pernod fils.
Senza sapere come fosse la situazione altrove nel paese, i signori Louis e Fritz Pernod introdussero spontaneamente il loro personale in un piano di beneficio e, dopo una considerazione accurata, decisero, che la migliore forma da prendere per quel piano era quella di un fondo di pensionamento. Vollero da vita ad un piano di risparmi così che, quando i lavoratori non avessero più potuto lavorare a causa dell’età o della debolezza, si sarebbero trovati in carica di un piccolo gruzzolo con il quale avrebbero potrebbero affrontare le necessità urgenti, o avviare piccoli affari; questi risparmi avrebbero anche costituito una risorsa senza prezzo per le famiglie private del loro provveditore dopo la morte. La meta proposta è stata raggiunta pienamente nei 23 anni che il piano ha funzionato fino alla soddisfazione completa di ogni persona a cui si rivolgeva. Il fondo di pensionamento consiste in un’azione determinata dai profitti, contribuita ogni anno dall’azienda Pernod fils ai suoi operai ed impiegati. I fondi rimangono depositati nella ditta e sono interessi produttivi; ogni lavoratore riceve un libretto che riporta a lui, alla durata della contabilità, alla condivisione dei profitti nei quali è coinvolto.
Per assicurarsi che i lavoratori non sprechino i risparmi accumulati a loro favore, le regole stipulano che le azioni sono non trasferibili e non sequestrabili e che i partecipanti possono toccare solamente la loro parte del capitale solo quando terminano il loro contratto lavorativo con la ditta. L’unica eccezione a questa regola è per le lavoratrici che vogliono acquistare una casa. Sig. Pernod accettò questa eccezione, pensando che quella soluzione su beni immobili fosse una garanzia contro la tentazione per sprecare soldi al quale soccombono facilmente i lavoratori in possesso di capitale movibile. Alla fine di ogni anno, tutti i partecipanti ricevono l’interesse accumulato per loro quel anno. Il beneficio aumenta con gli anni di servizio per un periodo di sei anni dopo il quale loro giungono alla loro percentuale massima che nel 1894 era del 40% del salario; la minima percentuale era 10%. Il fondo di pensionamento era cresciuto al 31 dicembre 1894 a 267.566, 25 franchi. Lavoratori ritirati ed eredi di lavoratori deceduti hanno, fin dall’apertura del fondo di pensionamento, prelevato la somma di 238.705,25 franchi.
Abbiamo davanti (dicembre 1894) il libretto di conto di un lavoratore che partecipa al progetto dal 1871, e che ha accumulato con interesse un totale di 11.351,70 franchi. La ditta assicura i suoi lavoratori contro gli incidenti; ne paga anche i premi senza lasciare ai lavoratori pagarli con il fondo comune La giornata lavorativa effettiva è di 11 ore; il salario minimo è 20 centesimi all’ora per donne e 30 centesimi all’ora ora per uomini. Il lavoro è sospeso ogni domenica. Non ci si risparmia sforzi per migliorare le condizioni lavorativi e evitare il rischio di incidenti sul lavoro. Vengono fatte due collette al giorno per il personale per avere anche il beneficio di regali di Natale alla fine dell’anno. Ogni estate un’escursione aperta a tutto il personale è organizzata a spesa della ditta in una città interessante o in qualche posto pittoresco. Una banda arruolata quasi esclusivamente tra i lavoratori dell’istituzione rallegra queste gite e contribuisce sempre allo spirito di corpo che è in ogni caso molto forte; i lavoratori della fabbrica Pernod si considerano come privilegiati per appartenere ad una ditta che assicura loro tali vantaggi.
Il reclutamento quindi non potrebbe essere più facile; le richieste sono sempre numerose e la ditta subisce solo l’imbarazzo di dovere scegliere da tra le folle di candidati che si fanno vivi. Non ci sono mai stati scioperi all’azienda Pernod fils. La gente di interesse ha reso il rapporto fra proprietari e lavoratori cordiale e facile. Giorno dopo giorno, senza alcuna modestia falsa, i lavoratori hanno afferrato l’opportunità per esprimere ai loro capi il loro apprezzamento per le buone politiche delle quali essi sono l’oggetto. Se la simpatia per il lavoratore è tradizione nella ditta Pernod, mai è apparsa nella forma di interferenza del capo nella vita privata dei suoi subordinati; non è si mai vista quella supervisione ansiosa che ammonta ad a immischiarsi nei dettagli più frivoli della vita del lavoratore, per dettargli anche le sue opinioni politiche e religiose. In ogni caso dove la disciplina nel posto di lavoro non è coinvolta, la libertà personale è rispettata assolutamente.
Nel diventare proprietari della Pernod fils, i signori. Veil-Picard hanno consolidato e preservato le istituzioni filantropiche dei loro predecessori, a cui essi danno lo stesso valore con riferimento ai processi manifatturieri, il miglioramento dell’apparecchiatura e la reputazione del marchio saputi e apprezzati dappertutto nel mondo. L’assenzio Pernod fils è ora distribuito in tutte le parti del mondo; questa è non esagerazione; per convincersene è sufficiente assistere al caricamento dei carri, che, in giorni di spedizione, vengono allineati lungo le banchine della fabbrica. La destinazione indicata su ogni caso ci consente di seguire il liquore famoso nella nostra immaginazione alle latitudini più varie, in Canada, nella Repubblica Argentina, Messico, Cina e il Sudan.
La Francia resta tuttavia il suo primo e ancora principale mercato. Venne introdotto nelle aree più remote dai nostri soldati i quali neutralizzarono gli effetti nocivi delle febbri causate dalle acque malsane o dai miasmi delle paludi o dagli stranieri in visita nel nostro paese per lavoro o per diletto: una volta introdotto l’autentico assenzio Pernod fils nei café delle nostre città gli ospiti, una volta tornati in patri, non soddisfatti da alcun sostituto iniziarono a chiedere il prodotto autentico. Non ci si dovrebbe sorprendere se la reputazione del nostro prodotto e la prosperità dell’azienda Pernod fils è esplosa con così tanta richiesta. Sono effettivamente numerosi coloro che hanno visto e ancora cercano di sfruttare per il loro unico profitto una situazione acquisita da un secolo di esperienza e lavoro coscienzioso; numerosi coloro che sotto una facciata di rispettabilità distribuiscono prodotti vergognosi.
A salvaguardare il nostro interesse e quello della gente che ha riposto fiducia nel nostro prodotto ogni giorno la Pernod fils deve lottare contro industriali che portano avanti una concorrenza a dir poco meschina. Non ci si può nemmeno immaginare in quanti modi questa concorrenza viene portata avanti; per farsene un’idea è necessario visitare gli archivi legali dell’azienda dove ogni anno vengono archiviati alcuni nuove sentenze legali e anche qualche arresto.
Prima di tutto c’è la pura contraffazione, che evita schemi complessi e diventa adatta per l’obiettivo; quel personaggio semplicemente ordina, da un incisore con una coscienza elastica, un sigillo falso che imita quello dell’azienda Pernod fils; egli lo applica sulle bottiglie che si procura, scelte con attenzione principalmente perché le loro etichette sono ancora intatte; inutile dire che prima riempie quelle bottiglie con un assenzio di qualità inferiore comprato a basso prezzo.
Questa frode non può essere praticata per molto tempo; prima o poi un consumatore ingannato se ne accorge; inoltre la ditta (Pernod) è sempre all’erta; il sigillo falso ha inevitabilmente differenze al sigillo autentico che non fuggono dagli occhi esperti dei suoi agenti; il contraffattore è certo di vedere sentenze correttive non troppo severe smettendo presto la sua attività disonesta. Un altro il processo più astuto consiste nell’imitare il più possibile l’aspetto della bottiglia del Pernod fils, i sigilli di vetro e di cera che la caratterizzano e specialmente l’etichetta con colori e composizione riprodotti molto fedelmente. È questione di creare in questo modo, tra le due bottiglie, una somiglianza tale da indurre l’acquirente disattento o analfabeta ad accettare volontariamente l’imitazione piuttosto che il prodotto vero. Questo gioco è pericoloso e molti industriali che ingenuamente hanno proposto un’etichetta sufficientemente simile a quella della Pernod fils creando confusione ma sufficientemente diversa tanto da evitare un’azione legale, ha visto in ogni modo i suoi progetti ostacolati. Con buona ragione la Corte fatica a credere, quando alcune etichette per errore somigliano a quelle di una ditta rispettabile, che questa somiglianza è il risultato di pura casualità: sono sempre propensi a vedere il tentativo di un’azione illecita. Si è detto, se ammettiamo che la contraffazione è in effetti un furto,che l’imitazione fraudolenta costituisce una vera rottura della fiducia, un imbroglio e le Corti non riusciranno mai a reprimere severamente questo metodo di appropriarsi del buon lavoro di altri, di attaccare l’onore, la reputazione, mettendo in pericolo spesso la salute del consumatore troppo fiducioso. L’azienda Pernod fils non ha alcuna lamentela da fare riguardo i risultati ottenuti nella guerra che si intraprende contro gli imitatori del suo marchio. Sarebbe fastidioso citare qui le varie sentenze in suo favore in situazioni simili. Lasciateci solo citare una sentenza del 20 maggio 1884 dalla Corte di Chalon sul Saone e confermata il seguente 21 novembre dalla corte d’appello di Dijon, nel caso tra il Sig. Pernod e figli e il Sig. S…, distillatore. Questa sentenza mette in rilievo che “l’etichetta depositata dalla Pernod fils” all’ufficio di Pontarlier conteneva l’evidente “croce svizzera sormontata da un cappello” come principale elemento figurativo insieme alle dimensioni, alla struttura e ai colori dell’etichetta e costituisce proprietà esclusiva della Pernod fils nonché suo marchio.
È opinione pubblica che il prodotto preparato nella fabbrica dei signori Veil Picard non è chiamato in pubblico con il semplice nome di “assenzio”. Per distinguerlo dai prodotti simili, i suoi sostenitori lo chiamano con il nome del suo produttore e, dovunque oggi, all’ora dell’aperitivo, è “un Pernod”che essi domandano.
È Pernod anche quello che i clienti della ditta richiedono nei loro ordini. Questo dettaglio non è fuggito all’attenzione di certi concorrenti. Tutte le grandi ditte sono state colpite negli affari da omonimi; tutte, qualche volta, hanno visto presentarsi nelle loro vicinanze, talvolta nella stessa città, individui finora sconosciuti nell’industria, senza particolari conoscenze nel settore, senza denaro ma con lo straordinario vantaggio di portare un nome di tutto rispetto e conosciuto; essi si sono visti confondere la corrispondenza, mettere confusione nei loro rapporti commerciali, confondere i loro clienti, tutto a favore di un industriale che per sua buona fortuna è riuscito a mettere le sue mani su un omonimo che era disposto a speculare illecitamente sul suo nome.
Azioni legali recenti che riguardano le nostre migliori case di champagne rivelano fatti abbastanza curiosi, e, per nostra grande fortuna, una repressione energica si è presentata per fare fallire i piani di molti imbroglioni audaci.
La ditta Pernod fils non era scampata a questa legge comune alle grandi aziende; per alcuni anni molte ditte nacquero, sventolando orgogliosamente o il nome Pernod, o un nome che gli somigliava davvero molto. Non abbiamo visto un solo semplice ragazzo stabile di nome Pernod far soldi autorizzando un produttore di assenzio a Drome appiccicando il suo nome sulle loro etichette! E per di più recentemente un distillatore del Doubs, sotto il pretesto di un contratto firmato da un venditore chiamato Pernot, ha afferrato il nome e ha inondato Parigi e la provincia con il suo prodotto che, evidentemente, sarebbe andato con grande difficoltà senza questo inganno. Il tribunale civile della Senna, ponendosi la domanda, non ha ritenuto legittima questa procedura molto ingegnosa e ha vietato il suo utilizzo. Il suo parere sarà certamente confermato dalla Corte d’Appello di Parigi che non impiegherà molto ad intervenire.
Una volta usciti dalla fabbrica Pernod fils, i visitatori condivideranno tutti quanti l’impressione che abbiamo provato noi stessi, e cioè che in questa splendida istituzione tutto è subordinato ad un solo scopo: assicurare l’eccellenza del prodotto che l’azienda propone ai consumatori. Questo obiettivo è stato raggiunto: nessuno può obiettarlo, poiché il nome Pernod è stato sostituito, nel linguaggio comune, al nome generico di assenzio per indicare i prodotti di qualità superiore.