ASSENZIO: Wolf Chili
GRADAZIONE ALCOLICA: 66,6%
DISTILLERIA: Valkyria Distillery AB
PAESE: Svezia
TIPOLOGIA: Rouge
QUALCHE PAROLA D'INTRODUZIONE:
Negli ultimi anni, un Paese inaspettato sta acquistando una discreta rilevanza nel mondo dell’assenzio: la Svezia. La distilleria Valkyria, di cui ci occupiamo oggi con un prodotto assai atipico, è stata la prima del suo paese, ma a seguirla sono presto arrivate la Svensk Absinth – che produce gli straordinari Gron Opal e Vit Opal – e Thor Wallgren, con il suo economico Quarantaine.
Io della distilleria Valkyria non avevo mai assaggiato niente, prima di avvicinarmi a questo Wolf Chili: più volte avevo pensato di farlo, ma avevo sempre rimandato. Alla fine, però, ho ceduto, e il motivo tutto sommato è abbastanza semplice: hanno prodotto un rouge.
So di essere tra i pochi, ma io ho sempre apprezzato il Rubis della Pernot, una particolarità assai interessante che ho tentato di centellinare, ma che alla fine ho esaurito troppo in fretta; ho poi avuto modo di provare l’Awen Nature Rouge, l’Adnams ROuge, il Bloody Fairy, ma nessuno di questi mi aveva soddisfatto; ho quindi osato acquistare questo bizzarro prodotto svedese, nella speranza di ritrovare i sapori del Rubis.
Ho ottenuto ciò che speravo di ottenere? Per saperlo, dovrete leggere oltre.
PRESENTAZIONE:
Classica bottiglia a collo alto da mezzo litro che nove volte su dieci si incontra con gli assenzi dell’Europa del Nord, tappo con chiusura a T, vetro scuro. A impreziosire il tutto, gli autografi dei componenti della band heavy metal Wolf – dalla quale l’assenzio prende il nome – sul vetro della bottiglia. Chiunque abbia un minimo il gusto del collezionismo rimarrà facilmente soddisfatto.
COLORE 4/10
Pre-diluizione:
Il rosso, si sa, dura poco. Con il Rubis però ho avuto modo di gustarmi per un paio di mesi un bel color rosso sangue, mentre qui, nonostante abbia aperto la bottiglia pochi giorni dopo l’acquisto, mi son trovato fin da subito davanti ad un colore più aranciato che rosso. [2]
Post-diluizione:
Anche qui poco convincente: un aranciato sporco che ricorda fin troppo un bicchiere di acqua e Supradyn. Non proprio ciò che voorrei mi venisse in mente prima di bere un assenzio. [2]
LOUCHE 14,5/20
Sviluppo:
Rapido ma non troppo, oil trails visibili con nuvoletta che si forma regolarmente dal basso verso l’alto. Nessuna evoluzione particolarmente bella da contemplare, ma tutto funziona nel modo giusto. Solo il top layer risulta difficile da cogliere. [7/10]
Consistenza:
Opacizza completamente, il cucchiaino è perfettamente invisibile. Alla vista appare denso e cremoso. [7,5/10]
AROMA 24/30
Puro:
Un po’ confuso. Si percepiscono anice e finocchio, e insieme un tocco di liquirizia, mentre l’artemisia non emerge; ma anche anice e finocchio in realtà appaiono strani, e ricordano poco il profumo dell’assenzio. Non è comunque sgradevole, anzi: probabilmente mi aspettavo di più, ma senza dubbio mette curiosità. [11]
Diluito:
Più intenso e decisamente più interessante: è ancora un po’ confuso, ma emerge quel tocco floreale e fruttato che mi aspetto da un rouge. Si avverte anche una nota del tutto personale che non ho sentito in nessun altro assenzio, rouge o meno. Molto invitante. [13]
AL PALATO 20/40
Profilo aromatico:
Mi spiace dirlo, ma per me proprio non ci siamo.
Come il nome suggeriva, è stato usato il chili, elemento del tutto innovativo nell’assenzio, che mi incuriosiva parecchio e mi lasciava ben sperare: l’assenzio è un mondo meravigliosamente libero, permette l’utilizzo di un numero incredibile di ingredienti, eppure capita spesso che si tenda ad usare sempre gli stessi; il chili era, se non altro, qualcosa di nuovo. Purtroppo però non un qualcosa che funziona, almeno non così: il piccante è davvero troppo, troppo intenso, e non si percepisce nessun altro sapore. E a me il piccante piace, di solito.
È davvero un gran peccato, perché in lontananza, nascosto sotto tutto quel bruciore, il sapore tipico dei rouge c’è. Solo che non si può gustarlo: bisogna limitarsi ad intuirlo. [10]
Persistenza aromatica:
Non particolarmente rilevante: dura poco e resta soltanto l’intorpidimento di labbra e palato dovuto al piccante. Si affaccia giunto giusto un pochino quel tocco fruttato e floreale che si percepiva all’aroma, ma, di nuovo, è poca roba [10]
CONSIDERAZIONI FINALI
Amaramente, devo dire di essere deluso. I rouge sono sperimentali in quanto tali, e l’uso0 del chili porta la sperimentazione ad un livello più alto, e io ho sempre una notevole simpatia, nei confronti delle sperimentazioni. Solo, sperimentazioni o meno, bisogna anche saper ammettere quando una sperimentazione fallisce, e, ahimè, questo è il caso.
Consiglio, per apprezzare un po’ di più questo Wolf Chili e per stemperare un minimo il piccante, di non berlo da solo, ma di accompagnarlo con qualche stuzzichino (cosa che di solito evito di fare). In particolare, trovo indicati i formaggi dal gusto forte.
VOTO FINALE
La somma fa 62,5. La tengo così, nonostante sia tentato di abbassarla ad un 60 tondo: meno sarebbe esagerato, si tratta comunque di un prodotto autentico senza falle di tipo tecnico, e anche 60 sarebbe forse pochino, dal momento che, non lo escludo, ad altri potrebbe anche piacere. Oltre però non mi sento proprio di andare. Tra tutti gli assenzi che ho in casa, questo è probabilmente quello che bevo meno volentieri.