Il rituale di preparazione dell'Assenzio ha sempre esercitato un fascino particolare, tanto che la settima arte lo ha spesso celebrato, fin dai tempi del cinema muto. Scene legate all'Assenzio sono apparse in film iconici come Dracula di Bram Stoker (1992) di Francis Ford Coppola, dove l'accuratezza storica e culturale della preparazione è evidente fin da subito.
Purtroppo, tale rispetto per la storia non sempre è mantenuto, e in film come La vera storia di Jack lo squartatore - From Hell (2001) oppure Moulin Rouge! (2001), l'Assenzio rappresentato non solo è diverso dall'originale, ma la preparazione flambé - errata e fuori contesto – viene eseguita, nonostante l'ambientazione sia alla fine dell'Ottocento. Questo modo di preparare l'assenzio utilizzando il fuoco, inventato intorno al 1994, si è diffuso con l'Assenzio falso prodotto in Europa dell'Est, cercando di mascherare con effetti visivi la scarsa qualità dei prodotti, fenomeno purtroppo ancora molto diffuso.
Nonostante oggi sia più semplice informarsi, oltre i bartender e bevitori, anche i film continuano a perpetuare questo errore, rappresentando l'Assenzio in modo scorretto e alimentando usanze mai appartenute.
La scena dell'Assenzio in La bella estate
Lo stesso errore si ripete in La bella estate (2023), film italiano scritto e diretto da Laura Luchetti, adattamento dell'omonimo romanzo di Cesare Pavese del 1949. Ambientato nella Torino del 1938, il film esplora le esperienze emotive di Ginia (interpretata da Yile Vianello), una giovane donna che, trasferitasi dalla campagna alla città, si ritrova a frequentare nuovi ambienti. In una scena del film si introduce l'Absinthe, ma con una serie di errori storici che fanno storcere il naso a chiunque conosca bene questo distillato.
In una scena ambientata in un festino notturno all'aperto, Rodriguez (interpretato da Adrien Dewitte), un artista con madre francese e padre portoghese, invita Ginia a bere qualcosa. Tira fuori una bottiglia che presenta come Fée verte (Fata verde), il soprannome dell'absinthe, insieme a due bicchieri in stile Pontarlier (i classici bicchieri da assenzio) e due cucchiai da assenzio sui quali poggia le zollette di zucchero.
Tralasciando il fatto che nel romanzo di Pavese, pubblicato intorno al 1949, l'Assenzio non viene mai menzionato, tutto sembrerebbe (quasi) a posto fino a qui, anche se viene da chiedersi come Rodriguez possa essere in possesso di una bottiglia di Assenzio, che nel periodo in cui è ambientato il film era bandito quasi ovunque da molti anni ed ormai in disuso.
Ma poi avviene l'imprevedibile: Rodriguez versa l'assenzio nei bicchieri, bagnando le zollette di zucchero e… gli dà fuoco!
Come in uno strano salto temporale, Rodriguez offre alla povera Ginia dell'Assenzio preparato con metodo flambé(!), la sciocca preparazione inventata (in Repubblica Ceca) peraltro oltre mezzo secolo dopo l'epoca in cui è ambientato il film.
Come molti bevitori sprovveduti di assenzio (e soprattutto di assenzio falso) attuali, Rodriguez segue questa assurda preparazione – mai attuata nel periodo in cui l'Assenzio era diffuso – e immerge la zolletta abbrustolita nel bicchiere, conferendo così un sapore di caramello bruciacchiato che rovina il distillato.
Ovviamente, tutto ciò senza nemmeno diluire l'Assenzio con acqua ghiacciata, come richiederebbe la corretta preparazione, e la bevanda nel bicchiere appare di un chiaro verde acqua senza alcuna opalescenza tipica degli assenzi autentici.
In questi casi, viene sempre da chiedersi: qual è il senso di rovinare una bevanda come l'Assenzio utillizzando il fuoco? Solo per cercare di ammaliare la bella Ginia con "nientepopodimeno" che... due fiammelle?
Suggeriremmo a Rodriguez di rivedere le sue tecniche di seduzione. Qualsiasi bevitore di Assenzio autentico può confermare che mostrare un bel louche - contemplando quel magico effetto di torbidità che si ottiene dalla corretta diluizione con acqua fredda - è decisamente più incantevole, con effetti estetici e gustativi nettamente superiori di... due fiammelle.
Il ruolo del Cinema nella cultura (dell'Assenzio)
Il cinema ha una grande responsabilità nel plasmare la percezione del pubblico riguardo a elementi storici e culturali. Alcuni film dimostrano che è possibile rappresentare l'Assenzio in modo accurato e rispettoso, mentre altri contribuiscono a perpetuare falsi miti e informazioni errate. La bella estate segue purtroppo questo secondo filone, presentando la fata verde in un modo storicamente inappropriato e perpetuando falsi storici che hanno influenzato negativamente la comprensione dell'Assenzio e il modo corretto in cui va servito.
Un film ambientato nel 1938 dovrebbe riflettere con accuratezza le pratiche culturali dell'epoca. Includere l’Assenzio, che era diffuso soprattutto nella seconda metà dell’Ottocento, in un contesto di trasgressione artistica e sociale nella Torino dell'epoca potrebbe essere una licenza creativa accettabile, ma l'utilizzo del metodo flambé è non solo anacronistico, ma privo di rispetto per la ricca storia e cultura che concerne questa bevanda, oltre che per il lavoro artigianale dei distillatori di Assenzio autentico di oggi, che desiderano che il loro prodotto venisse gustato nel modo più appropriato e non rovinato da mode dannose e di dubbio gusto.
La cultura del bere bene merita di essere celebrata con verità e onestà, e il cinema ha il potere di farlo educando e al contempo affascinando, se solo decidesse di affrontare queste tematiche con la dovuta serietà e responsabilità e approfondendo l'argomento.
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